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Il rafano, “radice” della gastronomia lucana

16 Febbraio 2024

2 minuti

Quando si parla di “radici” in cucina, in Basilicata si pensa subito ad una radice particolare molto usata nella tradizione gastronomica lucana: il rafano.

Una radice, appunto, che altrove è chiamata anche barbaforte o cren, molto piccante e non sempre gradita a tutti. Un sapore unico per un prodotto della terra spesso definito come il “tartufo dei poveri”. Espressione infelice sia per la diversità di sapore tra il pregiato tubero, sia perché specialmente nelle colline lucane, la presenza e l’uso di tartufo è altrettanto frequente e non certo prerogativa solo dei più facoltosi.

Il rafano, infatti, oggi più che mai è protagonista della rivalorizzazione della tradizione gastronomica delle aree interne e della cultura rurale che rappresenta un’identità di cui andare fieri e utilizzare come motivo di attrazione turistica.

In moltissimi paesi della collina, in particolare in Val d’Agri, Lagonegrese e area Sud, la coltivazione del rafano è di particolare consuetudine e l’utilizzo nella cucina tradizionale porta a varie preparazioni nelle quali non sempre è semplicemente una spezia ma a volte anche l’ingrediente centrale.

E’ l’esempio della cosiddetta “rafanata”, una sorta di frittata che viene preparata in Basilicata con uova, patate e pecorino, con alcune varianti che di area in area ne caratterizzano la tradizione.

Un piatto della stagione invernale, legato proprio al periodo di cavatura della radice, in particolare concomitante con la tradizione del Carnevale.

In uno dei comuni lucani con una particolare tradizione legata al rafano è Montemurro, la cui storia in cucina ha portato fino ai giorni nostri vari piatti. Oltre alla rafanata, infatti, il rafano si usa come condimento, come un formaggio grattugiato, sui “ferricelli con la mollica”, o nelle “vurrette”, polpette di uova, piselli e pecorino fritte (un tempo) nello strutto.

Ultimamente il rafano ha portato anche alla produzione del liquore, proprio a Montemurro, sede di una delle aziende agricole che lo coltiva e lo trasforma.

Un libro di riferimento può essere “RAFANO – Da un bene materiale a un bene di relazione”, (ScarrenzEditore) di Rosa Maria Leone. Un diario di un’avventura agricola. Come produrre il rafano, pianta lucana selvatica che nasce spontanea nella Val d’Agri. Tantissimi gli incontri, le ricerche e gli studi per valorizzare questa radice che ha molte proprietà terapeutiche. Incontri tra generazioni e culture diverse.

https://www.scarenz.it/home/maria-rosa-leone/

 

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